Raggio di Einstein

Il raggio di Einstein è il raggio di un anello di Einstein, ed è importante nello studio delle lenti gravitazionali, poiché le distanze tipiche tra le immagini nelle lenti gravitazionali sono dell'ordine del raggio di Einstein.

Derivazione

Geometria di una lente gravitazionale

Nella derivazione seguente del raggio di Einstein si assume che tutta la massa M della galassia L che agisce da lente sia concentrata nel centro della galassia (massa puntuale).

Per una massa puntuale la deflessione può essere calcolata ed è uno dei classici test della teoria della relatività generale. Per angoli piccoli α1 la deflessione totale dovuta ad una massa puntuale M è data (vedi metrica di Schwarzschild) da

α 1 = 4 G c 2 M b 1 {\displaystyle \alpha _{1}={\frac {4G}{c^{2}}}{\frac {M}{b_{1}}}}

dove

b1 è il parametro di impatto (la distanza di massimo avvicinamento della traiettoria del fascio di luce al centro di massa)
G è la costante gravitazionale,
c è la velocità della luce.

Si nota che, per angoli piccoli e con l'angolo espresso in radianti, il punto b1 di minima distanza dalla lente L, che forma un angolo θ1 con la lente L a una distanza dL è dato da b1 = θ1 dL; possiamo quindi esprimere l'angolo di curvatura α1 come

α 1 ( θ 1 ) = 4 G c 2 M θ 1 1 d L {\displaystyle \alpha _{1}(\theta _{1})={\frac {4G}{c^{2}}}{\frac {M}{\theta _{1}}}{\frac {1}{d_{\rm {L}}}}} (eq. 1)

Se impostiamo θS come l'angolo sotto al quale l'osservatore vedrebbe la sorgente senza la lente (la quale di solito non è osservabile), e θ1 come l'angolo osservato dell'immagine della sorgente rispetto alla lente, allora dalla geometria delle lenti si ricava (calcolando le distanze nel piano della sorgente) che la distanza verticale spazzata dall'angolo θ1 ad una distanza dS è la stessa della somma delle due distanze verticali θS dS e α1 dLS. Questa è l'equazione della lente

θ 1 d S = θ S d S + α 1 d L S {\displaystyle \theta _{1}\;d_{\rm {S}}=\theta _{\rm {S}}\;d_{\rm {S}}+\alpha _{1}\;d_{\rm {LS}}}

che può essere riscritta in funzione di θ1

α 1 ( θ 1 ) = d S d L S ( θ 1 θ S ) {\displaystyle \alpha _{1}(\theta _{1})={\frac {d_{\rm {S}}}{d_{\rm {LS}}}}(\theta _{1}-\theta _{\rm {S}})} (eq. 2)

Imponendo l'uguaglianza delle due equazioni e facendo i calcoli, otteniamo

θ 1 θ S = 4 G c 2 M θ 1 d L S d S d L {\displaystyle \theta _{1}-\theta _{\rm {S}}={\frac {4G}{c^{2}}}\;{\frac {M}{\theta _{1}}}\;{\frac {d_{\rm {LS}}}{d_{\rm {S}}d_{\rm {L}}}}}

Per una sorgente situata dietro la lente, θS = 0, e l'equazione della lente per una massa puntuale assegna un valore caratteristico a θ1 che viene chiamato raggio di Einstein, indicato con θE. Imponendo θS = 0 e risolvendo per θ1 si ottiene

θ E = ( 4 G M c 2 d L S d L d S ) 1 / 2 {\displaystyle \theta _{E}=\left({\frac {4GM}{c^{2}}}\;{\frac {d_{\rm {LS}}}{d_{\rm {L}}d_{\rm {S}}}}\right)^{1/2}}

Il raggio di Einstein per una massa puntuale fornisce una formula che rende adimensionali le variabili. In funzione del raggio di Einstein, l'equazione della lente per una massa puntuale diventa

θ 1 = θ S + θ E 2 θ 1 {\displaystyle \theta _{1}=\theta _{\rm {S}}+{\frac {\theta _{E}^{2}}{\theta _{1}}}}

Sostituendo le costanti nell'equazione si ottiene

θ E = ( M 10 11.09 M ) 1 / 2 ( d L d S / d L S G p c ) 1 / 2 a r c s e c {\displaystyle \theta _{E}=\left({\frac {M}{10^{11.09}M_{\bigodot }}}\right)^{1/2}\left({\frac {d_{\rm {L}}d_{\rm {S}}/d_{\rm {LS}}}{\rm {Gpc}}}\right)^{-1/2}{\rm {arcsec}}}

In questa ultima forma, la massa è espressa in masse solari M e le distanze in Gigaparsec (Gpc).

Per un denso ammasso di galassie con massa Mc ≈ 10 × 1015 M alla distanza di 1 Gigaparsec (1 Gpc) questo raggio potrebbe essere lungo anche 100 arcosecondi (macrolente gravitazionale). Nel caso invece di una microlente gravitazionale (con una massa dell'ordine di M) ad una distanza di circa 3 Kiloparsec (3 kpc), il raggio di Einstein risultante sarebbe dell'ordine del milliarcosecondo. Di conseguenza sarebbe impossibile osservare le immagini delle microlenti gravitazionali con le tecniche attuali.

Allo stesso modo, per il raggio di luce inferiore che raggiunge l'osservatore da sotto la lente, abbiamo

θ 2 d S = θ S d S + α 2 d L S {\displaystyle \theta _{2}\;d_{\rm {S}}=-\;\theta _{\rm {S}}\;d_{\rm {S}}+\alpha _{2}\;d_{\rm {LS}}}

e

θ 2 + θ S = 4 G c 2 M θ 2 d L S d S d L {\displaystyle \theta _{2}+\theta _{\rm {S}}={\frac {4G}{c^{2}}}\;{\frac {M}{\theta _{2}}}\;{\frac {d_{\rm {LS}}}{d_{\rm {S}}d_{\rm {L}}}}}

e perciò

θ 2 = θ S + θ E 2 θ 2 {\displaystyle \theta _{2}=-\;\theta _{\rm {S}}+{\frac {\theta _{E}^{2}}{\theta _{2}}}}

L'argomento trattato può essere esteso al caso di lenti che hanno una distribuzione di masse qualunque, invece che una massa puntuale, esprimendo diversamente l'angolo di curvatura α. Le posizioni θI(θS) delle immagini possono così essere calcolate. Per piccole deflessioni questa mappatura è univoca e consiste in distorsioni delle posizioni osservate che sono invertibili. Questa è chiamata lente gravitazionale debole (weak lensing). Nel caso di grandi deflessioni si possono avere immagini multiple e una mappatura non invertibile: questa è una lente gravitazionale forte (strong lensing). Bisogna infine osservare che per ottenere un anello di Einstein la distribuzione di massa deve essere assialsimmetrica.

Note

  • O Chwolson, Über eine mögliche Form fiktiver Doppelsterne, in Astronomische Nachrichten, vol. 221, n. 20, 1924, pp. 329–330, Bibcode:1924AN....221..329C, DOI:10.1002/asna.19242212003. (The first paper to propose rings)
  • Albert Einstein, Lens-like Action of a Star by the Deviation of Light in the Gravitational Field, in Science, vol. 84, n. 2188, 1936, pp. 506–507, Bibcode:1936Sci....84..506E, DOI:10.1126/science.84.2188.506, JSTOR 1663250, PMID 17769014. (The famous Einstein Ring paper)
  • Jurgen Renn, Tilman Sauer and John Stachel, The Origin of Gravitational Lensing: A Postscript to Einstein's 1936 Science paper, in Science, vol. 275, n. 5297, 1997, pp. 184–186, Bibcode:1997Sci...275..184R, DOI:10.1126/science.275.5297.184, PMID =8985006.

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